Nei miei giri a casaccio per il magico mondo internettiano mi sono imbattuta nell’Himalaya dei soi-disant “guaritori di gay”. Una volta si imponevano le mani per guarire paralitici ed epilettici, ora si praticano terapie di vario genere per “guarire” gli omosessuali, riprogrammandoli – o così ci si propone – come si formatta un PC.
Dopo si presume che l’ex gay si sposi (in Chiesa) con una bella ragazza, generi stuoli di “puttini disegnati da Michelangelo“, frequenti regolarmente la parrocchia per gratitudine a Dio che l’ha guarito (perché questo Dio cattolico non guarisce invece i bambini che in mezza Africa muoiono di polmonite e malaria, per dirne una???) e si impegni strenuamente per “guarire” altri gay, dedicando a ciò la sua vita. E vissero tutti felici e contenti. Problemi di lavoro o famigliari? Neanche a parlarne, evidentemente la divinità guaritrice, in un certo senso, ti fa da assicurazione contro le disgrazie, tutto andrà benissimo, felicità a palate, manca solo un milione in gettoni d’oro.
Mi sembra la versione riveduta e corretta di Lontano dal Paradiso – Far from Heaven, col marito di Julianne Moore che torna a casa pentito e, tra professioni d’amore e fustigazioni, “guarisce” dall’omosessualità e molla magari anche il lavoro per dedicarsi alla più nobile missione di salvare dalla perniciosa gaiezza tanti giovani…
Chissà perché, in tutti i link che promettono di “curare” e riportarti l’amore di Dio, la scientificità è vagamente abbandonata in favore di tanta – ma proprio tanta – religione e di una notevole mole di luoghi comuni. Insomma, Freud e gli altri sono accantonati in favore del rosario (la cui meccanica recitazione evidentemente ha poteri curativi insospettabili, peccato non guarisca anche dall’artrite le nonne che ogni giorno lo ripetono!), degli stereotipi più triti, dell’uomo “maschio” e della donna “angelo del focolare”, lui forte e lei sottomessa, nessuno scambio affettivo possibile se non nella cornice matrimoniale, nessun desiderio di autonomia e indipendenza, solo uno spasmodico bisogno di trovare quanto prima per l’ex omosessuale un marito o una moglie con cui figliare.
Se davvero è possibile “convertire” l’omosessuale in eterosessuale (al prezzo di devastarlo psicologicamente, indurre al suicidio dei giovani, fare violenza psicologica, ecc.) allora perché queste terapie molto poco scientifiche e molto miracolistiche non provano a indirizzarsi verso la cura di ben altre più gravi manifestazioni della sessualità o della personalità?
Rimango sempre scettica sull’ex idolo gay o roba del genere (gli ex gay, perlopiù maschi, sono tutti presuntivamente reduci da una vita sessuale sregolata e promiscua costellata da abusi d’ogni genere: non è che il loro problema riguardava l’incapacità di porsi freni e non la scelta del partner sessuale?) che improvvisamente vuol sposarsi, figliare, pregare e magari guarisce anche “miracolosamente” dall’AIDS o che so io.
Soprattutto: perché tutte le storie di “guarigioni miracolose” si somigliano tanto, passando senza soluzione di continuità dalla dark room (frequentata, peraltro, anche da moltissimi eterosessuali!!!) all’altare con la mogliettina in bianco? Troppo hollywoodiano, per me. Tutto va “troppo” bene, il gay “guarisce”, diventa padre e non sente più attrazione verso altri uomini anzi ancora deve lottarci contro ma Dio è con lui (a seconda del tipo d’intervista rilasciata)….
Ho diversi amici gay. Nessuno di loro somiglia anche solo lontanamente all’assatanato del sesso e delle droghe che i guaritori dipingono come l’omosessuale medio. Sinceramente mi scoccia pure scrivere “amici gay”, come se esistesse una griglia virtuale in cui incasellare le tendenze sessuali dei propri amici. Forse sarebbe meglio scrivere “ho amici che preferiscono andare a letto con partners dello stesso sesso”. Un paio di loro mi ha aiutata in momenti molto dolorosi e gli devo molto, molto più di quanto non debba ad alcuni uomini eterosessuali e allegramente omofobi e misogini (spesso omofobo fa rima con misogino). Forse i primi potrebbero insegnare ai secondi le nozioni basilari sul rispetto delle donne, sull’amicizia e sulle modalità corrette con cui rapportarsi al prossimo.
Se penso che un mio amico gay è malato, ciò per me significa che la tal persona è a letto col raffreddore. Forse sono malata anch’io, magari soffro di qualche sindrome filo-omosessualista!!! O magari inventeranno una terapia riparativa anche per quelle come me, che oltre a far sesso prima del matrimonio hanno amici di tutte le tendenze sessuali e religiose, amici che convivono e che si sposano e vivono vite atee, incredibilmente felici e spesso utili. Roba da non credere.
Il mio cinismo, dietro ai miracoli esultati, mi lascia intravvedere una realtà diversa e probabilmente più “reale”: finte “conversioni” per evitare scompigli in famiglia, pressioni psicologiche, sofferenza, intolleranza, matrimoni di copertura basati sul chiudere uno o entrambi gli occhi, passeggiate notturne nelle zone equivoche della città, sensi di colpa, ecc.
Le storie felici e dolci come una torta di panna stuccano.